INTERNET

Digito, ergo sum: Navigare consapevoli nell'era della disinformazione

Alle sue origini, Internet era una promessa: condivisione libera della conoscenza, accesso illimitato alle informazioni, democrazia digitale. Ma nel tempo, quella rete che doveva unire si è popolata di distorsioni, manipolazioni, di narrazioni costruite ad arte. Le fake news non sono più soltanto notizie false: sono diventate un linguaggio, un meccanismo di influenza, una forma di consumo.

Il report “10 fake news 2024-2025” pubblicato da SocialComItalia racconta i casi più virali degli ultimi mesi in Italia. Dalla presunta identità transgender della pugile Imane Khelif, al falso allarme sul glifosato nella pasta italiana, fino ai video “scientifici” che promettono di ricaricare un cellulare con una patata immersa nella Coca-Cola: esempi diversi, ma accomunati da un tratto unico — la capacità di toccare emozioni prima ancora che ragione. La velocità con cui le informazioni si diffondono sui social rende sempre più difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso. Le piattaforme, progettate per massimizzare l’engagement, amplificano contenuti sensazionalistici, indipendentemente dalla loro veridicità. L’attenzione è diventata la moneta principale. La viralità, il parametro di successo.

Gli utenti non sono più solo lettori o spettatori: sono amplificatori, interpreti, parte attiva di un ecosistema dove la verifica dei fatti spesso cede il passo alla forza emotiva del contenuto. La fiducia nelle istituzioni tradizionali è in calo, mentre cresce quella verso influencer e creator che diventano punti di riferimento, pur senza formazione giornalistica. Le fake news lasciano tracce durature, alimentando divisioni, polarizzazioni, sfiducia.

Alla base di tutto c’è un motore economico: l’attenzione. Ogni visualizzazione genera valore, ogni interazione produce dati. L’indignazione, la curiosità, la paura — anche quando infondate — mantengono l’utente connesso più a lungo. Internet è così passato da spazio di libertà a mercato dell’attenzione, dove la verità è un parametro accessorio, la viralità una valuta, e le fake news il suo strumento più efficace. 

La sfiducia verso media e istituzioni alimenta isolamento e sospetto. La polarizzazione trasforma differenze di opinione in conflitti identitari. La memoria digitale conserva le menzogne più a lungo delle smentite. L’intelligenza artificiale generativa moltiplica il problema: oggi la disinformazione non richiede più redazioni, basta un prompt convincente.

In questo mare tumultuoso di informazioni, sviluppare competenze critiche diventa quasi una forma di resistenza. Solo imparando a leggere, interpretare, mettere in dubbio ciò che ci circonda possiamo restituire a Internet la sua promessa originaria: uno spazio di conoscenza, confronto, connessione reale. Uno spazio che ci faccia sentire parte di un mondo più vasto, senza cedere alle trappole della manipolazione. In fondo, in un’epoca dominata dall’illusione e dal sensazionalismo, la vera certezza resta il pensiero critico. Come ricordano gli Hidalgo nella loro canzone Infuso di Verità: “Digito, ergo sum” — penso, dunque esisto, anche nel mare digitale delle informazioni.

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